Rivalutazione dei beni d’impresa alla prova della convenienza

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Rispetto alle versioni proposte nel corso degli ultimi anni, da ultimo dalla legge di bilancio 2020, la rivalutazione dei beni d’impresa prevista dal decreto agosto è senz’altro quella caratterizzata da maggiori elementi di appeal per i contribuenti, a partire dal (quasi) azzeramento dell’imposta sostitutiva per il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio, che arriva al 3%, contro le vecchie aliquote molto più elevate (12%-14%). senza dimenticare che questa rivalutazione può assumere anche la sola valenza civilistica, può riguardare anche singoli beni e non necessariamente tutti i beni di una categoria omogenea e, soprattutto, dà riconoscimento immediato ai plusvalori rivalutati. quanto conviene, dunque rivalutare i beni d’impresa? I vantaggi della nuova rivalutazione un primo elemento che rende la norma in commento particolarmente allettante è la possibilità di operare la rivalutazione anche su un singolo bene (rientrante tra quelli rivalutabili, cioè diverso dai beni-merce) senza dunque dover quindi necessariamente rivalutare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria con applicazione di un unico criterio all’interno della medesima categoria. ad esempio sarà dunque possibile, all’interno di una categoria (per ipotesi, il gruppo”macchine automatiche 2015″ comprendente tre cespiti): – rivalutare un cespite e lasciare inalterato il valore degli altri; – oppure ancora rivalutare una macchina solo civilisticamente, rivalutare la seconda anche fiscalmente (pagando il 3%) e non rivalutare la terza. la scelta di non rivalutare un singolo bene potrà essere presa anche in funzione della possibile cessione di quel cespite prima del 2024, anno dal quale la rivalutazione assume efficacia per le plusvalenze. analogamente si potrà scegliere di rivalutare un singolo immobile strumentale tra i più fabbricati posseduti, ipotizzando una vendita a partire dal 2024. quanto detto per i beni dovrebbe valere anche per le partecipazioni, portando l’interprete a concludere per la rivalutabilità anche solo di una parte di un pacchetto azionario detenuto in una stessa società partecipata. ad esempio nel caso in cui si posseggano euro, l’impresa – a fronte di un costo di 60 euro (da pagare a giugno 2021-2022-2023 con rate di 20 euro ciascuna) – otterrebbe un risparmio d’imposta del 27,9% (ires 24% + irap 3,9%) con un risparmio netto effettivo di 558 euro. andando a verificare gli effetti che la rivalutazione determinerebbe ai fini della deduzione di maggiori quote di ammortamento – ipotizzando in cinque anni il piano di ammortamento del maggior valore attribuito al bene rivalutato – si avrebbero minori imposte per 111,6 euro (558/5) nei versamenti del 2022, 2023, 2024, 2025 e 2026. saldo attivo di rivalutazione infine, qualche cenno va fatto con riferimento al saldo attivo risultante dalle rivalutazioni eseguite che deve essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva designata, con esclusione di ogni diversa utilizzazione. sulla base dell’art. 13 della legge n. 342/2000 – espressamente richiamato dal decreto agosto – il saldo attivo di rivalutazione non può essere utilizzato e”la riserva, ove non venga imputata al capitale, può essere ridotta soltanto con l’osservanza delle disposizioni dei commi secondo e terzo dell’art. 2445 del codice civile”. ai fini fiscali, inoltre, il saldo attivo costituisce una”riserva in sospensione di imposta” tassato, ai sensi dell’art. 13, legge n. 342/2000, in caso di distribuzione ai soci. il saldo attivo di rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, mediante l’applicazione in capo alla società di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’irap nella misura del 10%. l’imposta sostitutiva deve essere versata in un massimo di tre rate di pari importo, di cui: – la prima con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita; – le altre con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d’imposta successivi. gli importi da versare possono essere compensati nel modello f24. il saldo attivo di rivalutazione – qualora affrancato – è liberamente distribuibile ai soci e non concorre, pertanto, a formare il reddito imponibile della società che ha effettuato la distribuzione. poiché le riserve di rivalutazione, una volta affrancate, confluiscono tra le riserve di utili, in caso di distribuzione, il socio deve assoggettare a tassazione l’importo percepito secondo le regole ordinariamente previste per la tassazione dei dividendi.